LUIGI MARCHESI (Pittore)

G.Guareschi
G.Faraboli
P.Bianchi
L.Marchesi
Gen.G.Pezzani
Coll.N.Brambilla
A.Azzi
E.Seletti
F.lli Rainieri
L.Rainieri


Vecchia scuola comunale di Fontanelle 
dove insegnò
Francesco Marchesi, padre del pittore


Luigi Marchesi ( Parma 1827-1862)

Le Opere

Luigi Marchesi - Pittore - Grafico. Nato a Fontanelle di Roccabianca nel 1825. Dall'atto di battesimo conservato presso l'archivio parrocchiale della chiesa di San Martino, redatto in data 11 novembre 1825, viene infatti la notizia che "Luigi Felice Marchesi, figlio di Francesco e Maria Rosa Formentini sposi, nato il giorno 6 dell'ora nona vespertina [cioè alle 15 pomeridiane], oggi, dopo il tramonto del sole ò stato battezzato dal Rev.do Signor don Girolamo Gonzaga, sacerdote delegato...... ". Data che trova conferma nella tabella decennale e nel registro degli atti di nascita del Comune di Roccabianca. Il padre era nativo di Sissa, mentre la madre proveniva da San Secondo. E a San Secondo la famiglia dovette risiedere subito dopo il matrimonio : qui nasce infatti il primo genito, Napoleone. Trasferitasi successivamente a Fontanelle, dove Francesco "Maestro di classe infima nelle scuole inferiori" insegnava probabilmente nell'antico edificio comunale prospicente la chiesa di San Martino, sede scolastica fino al 1913, la famiglia Marchesi andrà accrescendosi di altre due unità: Luigi appunto e Giuseppe. A Fontanelle i Marchesi rimarranno probabilmente fino allo scadere del terzo decennio dell'800: l'ultimo figlio, Cesare, risulta infatti nato nel comune di Busseto nel 1831. Nel 1833 l'errabonda famiglia emigra a Parma, dove il padre è maestro delle primarie nel quartiere della Steccata. Luigi Marchesi è stato uno dei più grandi pittori parmensi dell'ottocento. Nasce a Fontanelle nel 1825 il 6 novembre 1825.Ha studiato alla accademia delle belle arti dove fu allievo di Giuseppe Boccaccio Nel 1850 si trasferì a Roma dove dipinse paesaggi di sapore classico A ventisette anni ritorno a Parma sostituì il suo maestro all'accademia dove insegnò per dieci anni. Famoso per i suoi prospetti e per i suoi interni, le sue penombre, i suoi personaggi sono spesso inseriti in un atmosfera di mistero tra i suoi più famosi dipinti non si può dimenticare l'interno della galleria di San Giovanni Evangelista considerato il suo più importante capolavoro. Occorre non dimenticare anche queste altre stupende opere quali "La piazza grande", "La sagrestia della steccata", "La farmacia di San Giovanni", "Convento delle capuccine", gli interni del duomo e della chiesa di San Rocco.
Luigi e Salvatore Marchesi
Suggestioni di luce nell'Ottocento italiano Sono in mostra Luigi e Salvatore Marchesi, i magici "pittori delle sagrestie", maestri della pittura di luce nell'Ottocento italiano. La Fondazione Cassa di Risparmio di Parma ha riunito la maggior parte della produzione artistica dei due pittori (oltre cento opere tra oli, tempere, acquerelli e disegni), coinvolgendo numerose Istituzioni e Gallerie pubbliche italiane: l'Accademia di Belle Arti di Parma e quella di Brera a Milano, i Civici Musei di Brescia, Agrigento e Trieste, la Fondazione Banco di Sicilia, le Gallerie d'Arte Moderna di Milano, Palermo, Ricci Oddi di Piacenza e Torino, la Galleria Nazionale di Parma, il Museo Teatrale alla Scala di Milano, la Pinacoteca Nazionale di Bologna, le Amministrazioni Comunale e Provinciale e la camera di Commercio di Palermo, oltre naturalmente a numerosi collezionisti privati. Una parte considerevole, anche se non esclusiva, delle tele di entrambi i Marchesi ha un soggetto inusuale anche per degli artisti di interni come essi furono ai massimi livelli: le sacrestie e, accanto ad esse, gli scorci di cappelle e navate di antiche chiese, animate da sacerdoti, monaci, chierichetti, sacrestani e fedeli, fissati nelle tele in situazioni inconsuete. Di questi ambienti, dove sfarzo e polvere spesso si coniugano, Luigi e soprattutto salvatore amano cogliere la quotidianità al di fuori delle cerimonie sacre. C'è il vecchio prete che stampa le ostie, un giovane cantore che vocalizza solitario, sugli antichi corali, il chierichetto costretto a togliere da un antico tappeto le gocce di cera incautamente fatte cadere, il ragazzino arrampicato a spolverare un Cristo, la giovane donna prostrata ai piedi dell'altare a supplicare il perdono divino, sino ad un monaco riverso ai piedi di un pozzo, forse al termine di una robusta libagione o al suo confratello che si occupa delle verzure che prosperano all'interno di un chiostro assolato. Atmosfere sospese che entrambi gli artisti colgono in momenti particolari di luce, attenti a rendere tensioni e silenzi dove grandi architetture limitano e filtrano la potenza del sole mediterraneo. Quelle di Luigi e Salvatore Marchesi sono, pur nella specificità di ciascuna personalità artistica, stupende pagine d'arte e, insieme, di costume, spesso documenti sopravvissuti a ricordarci monumenti oggi scomparsi o deturpati irrimediabilmente. E attraverso la prospettiva e la luce zio e nipote raggiungono livelli che trovano pochi confronti nella pittura di interni dell'Ottocento. Luigi (1825 - 1862) allievo del Boccaccio all'Accademia di Belle Arti di Parma, subentra al suo maestro nel 1852. Vincendo il Gran Concorso di Paese, ottiene dal Governo Borbonico un periodo di pensionato a Roma. Tornato a Parma, la morte precoce interrompe l'evoluzione di una personalità che stava raggiungendo una affermazione nazionale. Con la sua pittura egli diventa il cantore delle chiese, sagrestie, chiostri e cortili parmensi restituendoci mirabilmente l'atmosfera ottocentesca della città nelle sue luci e nei suoi personaggi. Il nipote Salvatore (1852 - 1926), ad undici anni è già allievo di Guido Carmignani al Corso di Paesaggio all'Accademia di Parma; subito entra nel circuito degli artisti affermati: la consacrazione avviene quando alcune sue opere esposte nella Pinacoteca Pubblica di Parma. Nel 1871 affianca il Dalla Rosa all'Università di Roma nell'insegnamento di Geometria proiettica e descrittiva: gli studi di prospettiva lo portano alla pubblicazione anche di due trattati sull'argomento. Espone intanto a Brera, a Firenze e a Bologna ma anche a Parigi. Sue opere vengono acquistate dalla Real casa e entrano nel patrimonio delle principali gallerie d'arte moderna e musei (Roma, Milano, Torino, Piacenza, Brescia, Trieste, Parma, Agrigento, Palermo…) Dal 1886 insegna all'Accademia di Belle Arti di Palermo e nel capoluogo siciliano resta per 36 anni, tornando a Parma solo nel 1922. Conseguentemente molta della sua produzione artistica è conservata ancora oggi in Sicilia e i curatori della mostra sono riusciti ad ottenere da Istituzioni pubbliche e collezionisti siciliani molte delle sue opere migliori che costituiranno per il pubblico una vera scoperta. La mostra si inserisce a pieno titolo nella riscoperta e valorizzazione dell'Ottocento italiano che varie città stanno compiendo negli ultimi anni.
IL MECENATISMO
Il mecenatismo si manifesta spesso in un opera di incoraggiamento e di aiuto da parte di uomini od associazioni ricche ed autorevoli. Implica una conoscenza dell’ arte come realtà autonoma; inoltre dovrebbe sottintendere un rapporto di stretta amicizia con l’artista e lo svilupparsi di un senso di rispetto e di protezione. Considerando l’occidente cristiano, nell'Alto Medioevo i centri di produzione artistica furono i grandi monasteri, l’arte infatti fu spinta innanzitutto da fattori religiosi e ricevette impulsi dagli ordini monastici. Ma fu in particolare in Italia, a partire dal Rinascimento, che il mecenatismo privato raggiunse il più importante sviluppo. Oggi è invalso l’uso di definire gli istituti di credito" mecenati del nostro tempo". Ciò che nel passato rientrava nell’immagine del principe, oggi rientra nella sfera delle possibilità economiche delle banche. In effetti tutte le iniziative culturali di un certo livello sono state patrocinate in questi anni solo da Istituti come la Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza, che con l’immagine del principe hanno ben poco a vedere. Il loro governo è di tipo pubblicistico e democratico, per cui le decisioni sono sempre responsabili e finalizzate all’interesse della collettività in cui essi stessi operano. Per la Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza , profondamente radicata nel territorio e espressione delle potenzialità del medesimo, il rapporto banca - storia - arte è cosa connaturata. Il mecenatismo dell’Istituto si è espresso attraverso la committenza, il collezionismo, la salvaguardia del patrimonio immobiliare, l'evergetismo e numerose attività culturali