È in
questi anni, tra il congresso delle leghe contadine e la battaglia contro
il «dazio strangolatore», che si colloca
l'evoluzione politica in senso riformista di Giovanni Faraboli. Dopo
l'acutizzarsi delle tensioni sociali che, nel primo anno del ministero di
Giolitti, avevano favorito la crescita di una forte corrente rivoluzionaria in seno al partito socialista,
l'organizzatore fontanelliano si era schierato sulle posizioni dell'estrema sinistra. Nella fase preparatoria al congresso socialista di Genova il circolo di Fontanelle aveva sostenuto la mozione «intransigente», con la maggioranza delle organizzazioni a base
bracciantile. A distanza di pochi mesi Faraboli aveva guidato I'opposizione alla candidatura del moderato Berenini per le elezioni politiche del novembre
1904. La consultazione, convocata a ridosso dello sciopero generale, si risolse con una sconfitta per la sinistra socialista, all'interno di un complessivo arretramento del partito che perdeva 4 deputati. Nel clima di delusione seguito a questi eventi cominciava ad emergere tra gli organizzati delle campagne una certa sfiducia nei miglioramenti ottenibili attraverso la sola azione rivendicativa. I deliberati del congresso delle leghe parmensi riflettevano appunto questo disagio; per molti dirigenti, Faraboli compreso, la concretezza del «modello reggiano», con il suo solido impianto cooperativo, stava diventando qualcosa di più che un astratto riferimento.
La spinta decisiva verso l'approdo riformista venne con gli inizi del 1907, quando Alceste De Ambris fu chiamato a Parma per assumere la direzione della Camera del lavoro. Sotto la sua guida le federazioni di mestiere assunsero, nel volgere di pochi mesi, gli schemi d'azione del sindacalismo rivoluzionario. Una bruciante stagione di lotte - 37 scioperi nell'annata 1907 - decretò la piena affermazione della leadership sindacalista. Il nuovo corso, riallacciandosi alla tradizione ribellistica del proletariato parmense, enfatizzava il motivo dell'azione diretta, dello scontro frontale con
l'avversario di classe iscritto in «un vasto movimento di negazione dell'ordine
presente». Da questa impostazione non poteva venire altro che un atteggiamento immediatamente ostile nei confronti della cooperazione, percepita «di per sé [come] una forma di affermazione borghese, quindi
antirivoluzionaria».
Quando, nel convegno del 3 novembre 1907, la Camera del lavoro di Parma decretò il distacco dalla Confederazione generale del lavoro e la costituzione di una centrale alternativa - il Comitato nazionale della resistenza - , la scelta, per il Faraboli come per molti altri dirigenti legati alla corrente riformista, diventava
obbligata.
Alla vigilia del grande sciopero agricolo che nella primavera del 1908 doveva investire le campagne parmensi e la città stessa con un epilogo cruento, gli spezzoni del movimento cooperativo e delle organizzazioni contadine rimasti fedeli alla Confederazione risultavano minoritari e confinati alla zona della bassa
borghigiana.
Fu proprio la grande prova dell'azione diretta, con la sconfitta finale del lungo sciopero e la disfatta della dirigenza sindacalista rivoluzionaria, che determinò la ripresa dei riformisti ed una nuova fioritura per la cooperazione. Alle soglie dell'autunno e con
l'amara prospettiva di una lunga stagione senza salario, i braccianti rimasti disoccupati, dopo aver combattuto sotto le bandiere della Camera sindacalista, tornavano a rivolgere le loro speranze verso le cooperative che, proprio sul finire di quell'anno, stavano aprendo i primi importanti cantieri per la costruzione di opere pubbliche.
A questa scadenza Fontanelle non giungeva impreparata. Già dall'inverno 1907-908, infatti, si era legalmente costituita nel piccolo centro una nuova cooperativa che andava ad aggiungersi a quella di consumo fondata nel 1904. Nell'atto notarile,
redatto il 31 dicembre 1907, essa figurava sotto la denominazione di «Società anonima cooperativa di lavoro tra i braccianti di Roccabianca e S. Secondo parmense con sede in
Fontanelle». I 45 soci fondatori, tutti braccianti tranne un certo Manfrini Giuseppe di professione contadino, erano in prevalenza residenti a Fontanelle; gli altri provenivano dalle vicine frazioni di Pizzo e di
Ragazzola. Il comitato tecnico era composto dai due esponenti di maggior spicco del riformismo parmense: 1'avvocato Agostino Berenini e 1'ingegnere Guido
Albertelli. Per superare «le prime non lievi difficoltà di impianto e di
funzionamento»si dovette ricorrere all'aiuto finanziario della cooperativa di consumo, applicando per la prima volta quel sistema di «cooperazione integrata» che sarebbe diventato in seguito un tratto caratteristico del modello
fontanelliano. Completate le formalità burocratiche «con la iscrizione nell'albo prefettizio fra le cooperative aventi diritto di adire ai pubblici appalti di
lavori», la società diventava operativa. Nel novembre del 1908 assumeva 1'appalto del primo lotto dei lavori di arginatura del torrente
Stirone, seguito da un secondo nel mese successivo, per un importo globale di 148.400 lire (all'incirca
250 milioni di lire 1980). Nella relazione del collegio sindacale al bilancio della prima annata, chiuso con un utile netto di 577,41
lire, si sottolineava con orgoglio come Ia giovanissima istituzione ha potuto dar lavoro a circa 600 braccianti di varie
località durante la stagione maggiormente colpita dalla forzata disoccupazione, ed offrire un salario non mai ottenuto in altri
lavori, cioè un minimo di 40 centesimi all'ora con un orario massimo di 8 ore, mentre in
altra parte della nostra provincia si tenta di iniziare un'agitazione per conquistare lo stesso salario con 9 ore
di lavoro.
Alla soddisfazione per i buoni risultati ottenuti si accompagnava
l'accento polemico contro i sindacalisti rivoluzionari. Mentre «la mente e
l'anima dei lavoratori
erano rivolte alla nuova agitazione agraria che si stava preparando dalla Camera del Lavoro di
Parma», i Fontanelliani avevano saputo raggiungere con la loro cooperativa quei vantaggi «che difficilmente si possono conseguire col semplice movimento di
resistenza», dimostrando coi fatti che la cooperazione di lavoro costituiva ormai «uno dei
più potenti mezzi di lotta contro lo sfruttamento
capitalistico».
In effetti nei lavori di arginatura dello Stirone avevano trovato occupazione numerosi braccianti dei paesi della bassa, da Zibello a San Secondo, ed in diversi centri della fascia rivierasca stavano avviandosi iniziative analoghe. A Soragna ed a Colorno le
locali cooperative di lavoro avevano assunto importanti appalti pubblici occupando nei cantieri un forte numero di
lavoratori. Anche nelle più piccole frazioni del circondario fidentino i braccianti costituivano nuovi sodalizi sull'esempio di Fontanelle, alimentando la rapida crescita dell'organizzazione riformista.
Nell'ottobre 1908 proprio a Fontanelle si svolse il congresso della ricostituita Camera confederale del lavoro, che aveva stabilito i propri uffici a Borgo S. Donnino. Vi intervennero oltre cento organizzazioni di massa in rappresentanza dei 10.000 lavoratori iscritti alle leghe ed alle
cooperative. Il 28 dicembre di quell'anno la Braccianti di Fontanelle
ratificò, con una modifica dello statuto, la propria adesione alla Camera borghigiana ed introdusse
l'emblema confederale nel marchio della società'.
I primi importanti successi imprenditoriali vennero col 1909, un vero e proprio «anno d'oro» durante il quale la cooperativa eseguì lavori di bonifica per un importo di oltre 180.000 lire ottenendovi un utile netto mai più eguagliato: 21.691,32 lire (qualcosa come 37 milioni di lire
1980). L'azienda inoltre, approfittando dell'eccezionale congiuntura favorevole, acquistò la casa nella piazza di Fontanelle ove avevano sede gli spacci sociali, la lega ed il circolo socialista. Nel corso di quell'anno «vennero occupati dai 200 ai 500 operai nei periodi di maggior bisogno e dagli 80 ai 500 negli altri
periodi» con buone retribuzioni oscillanti tra i 40 centesimi orari della tariffa invernale ed i 55 di primavera e d'autunno. A completare questo ritratto di un'azienda in ottima salute contribuiva sia 1'incremento del numero dei soci (vedi tabella) che quello del capitale sociale e delle
riserve.
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