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Affittanze
agricole della Cooperativa di Fontanelle (da sinistra): - Torchio;
- Giare;- Rastello, Marzano, Marzanello, Torrione;- Belpiano,
Palazzo Ortalli - Cà Bruciata;- Colmignola, Mancano i poderi Villano,
Marazzo,
Casella, nei pressi di S. Secondo. (Biblioteca Palatina).
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Alla fine del 1917 I'estensione delle terre condotte in affitto dai braccianti della cooperativa saliva così a 653 biolche, pari a 201 ettari.
Lo sviluppo delle affittanze collettive avveniva in concomitanza con la campagna di denuncia lanciata dal congresso delle organizzazioni confederali nell'aprile 1917 contro gli enti pubblici ed i pii istituti, proprietari di ingenti patrimoni fondiari e pregiudizialmente ostili al nuovo movimento di cooperazione agricola. Ad essi si rimproverava di concedere più volentieri i propri terreni ad affittuari privati, spesso poco scrupolosi, o di lasciarli addirittura incolti piuttosto che affidarne la cura alle cooperative dei
braccianti.
Le responsabilità degli enti pubblici apparivano poi tanto più pesanti dal momento che con la loro linea di condotta venivano ad ostacolare lo sforzo produttivo per assicurare
gli approvvigionamenti granari ed alimentari in genere, divenuti precari col prolungarsi dell'emergenza bellica.
L'attacco partito dal congresso camerale e ripreso in ottobre dal convegno delle cooperative riformiste dovette produrre un certo disagio nei consigli di amministrazione delle opere pie. A conferma di ciò, nel mese di dicembre gli Ospizi Civili di Parma, dopo una verifica dello stato di abbandono in cui si trovava il fondo Villano, decidevano di interrompere il contratto con 1'affittuario privato e di affidare il podere alla cooperativa di
Fontanelle. Alla fine dell'anno le affittanze collettive raggiunsero le 1188 biolche di estensione; lavorando su questa terra le cooperative di Borgo S. Donnino; Busseto, Colorno, Fontanelle, Ravadese, Sissa e Soragna, avevano prodotto 1434,41 quintali di frumento pari ad una media di 14 quintali per ettaro malgrado la stagione sfavorevole, mentre la abbondantissima produzione di latte aveva sfiorato i 1500
quintali.
A meno di un anno dalla conclusione della guerra mondiale, i riformisti della bassa parmense parevano sul punto di riacquistare, grazie anche alla carta delle affittanze collettive, buona parte di quel prestigio così duramente scosso dalla crisi apertasi alla vigilia dell'intervento bellico quando, dopo un effimero momento di accordo, era riesploso lo scontro tra il sindacalismo rivoluzionario interventista e le organizzazioni socialiste schierate per la
neutralità.
Ripiegando verso le campagne, i riformisti avevano cercato di limitare alla città gli effetti dell'agitazione interventista, senza però riuscire ad aggregare gli spezzoni del sindacalismo rivoluzionario contadino che erano rimasti contrari alla guerra.
Migliori risultati essi riuscirono ad ottenere attraverso la rete delle attività assistenziali, creata dalle cooperative per soccorrere le famiglie dei richiamati, e con 1'assunzione del servizio annonario da parte degli spacci sociali.
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